Eccoci, alla fine ci siamo. Finalmente il punto di svolta, il nuovo inizio e chissà che altro da ora in avanti (e lo spero proprio).
Questo è l’undicesimo film di Star Trek, ma è anche il primo film di Star Trek ed è l’inizio di Star Trek in senso lato. Affidare un franchise così ingombrante ad un regista che sa poco o nulla dell’universo “trek” e che fondamentalmente nemmeno gli frega più di tanto, è stata la mossa più intelligente e azzeccata che la Paramount potesse fare. Certo, il progetto non è stato affidato al primo bischero che passava, il signore in questione si chiama JJ Abrams e ha all’attivo serie come ALIAS, LOST, FRINGE e film come MISSION IMPOSSIBLE 3 e CLOVERFIELD. Abrams sa raccontare le storie e sa come si usano i “McGuffin” hitchcockiani, MI3 è l’esempio più lampante e – direi – perfetto di McGuffin visto negli ultimi 20 anni, e in questo caso anche STAR TREK ne fa buon uso.
Ritmo narrativo quasi sincopato direi, con inizio in media-res (tanto amato dal regista) e con tempi morti ridotti a zero, non sto scherzando se uno dovesse trattenere il fiato in attesa di un punto in cui non succede nulla o si rilassa schiatterebbe anzitempo. Per quanto riguarda la velocità e il susseguirsi delle azioni Abrams attinge a piene mani da una sua precedente creazione televisiva: ALIAS, colpi di scena, e azioni senza soluzione di continuità.
Anche in questo episodio troviamo il viaggio nel tempo, ma proprio in questo particolare frangente, più che semplice espediente narrativo risulta essere uno strumento indispensabile per creare il nuovo universo di Star Trek, così diverso dall’originale e così uguale nello spirito alla serie classica.
Ritroviamo un Kirk-cowboy con l’istinto di trombarsi qualsiasi cosa si muova nell’universo (esattamente come il caro vecchio J.T. ), un “Bones” McCoy con in bocca la sua classica frase “Sono un dottore non sono un…” (e sui puntini ci sta qualsiasi cosa), uno Spock un po’ più iracondo e con un debole per l’ebano… uno straordinario Montgomery Scott interpretato da uno dei miei idoli: Simon Pegg. E se qualcuno dei vecchi fan durante il film fosse colto da dubbi su cosa stesse guardando in quel momento Abrams ci ricorda che è Star Trek con le frasi tipiche di McCoy, con la dipartita dell’unica persona non conosciuta all’interno di un gruppo di protagnisti (ovviamente vestito di rosso) e il rilascio del nucleo dell’astronave quando rischiano tutti di andare al creatore. E questi cliché trekkiani non sono lì per mancanza di idee ma per omaggiare la TOS (The Original Serie, per i non nerd) senza inceppare coi nuovi ingranaggi. Ma Abrams distrugge anche Star Trek e lo fa col protagonista, quando volontariamente da dodicenne fa volare giù da una scaprata una Corvette d’epoca, del 1966, anno di produzione di Star Trek.
Dal punto di vista tecnico e visivo, la regia di Abrams mi pare un po’ debitrice del modo di girare “documentaristico” visto in Battlestar Galactica, pur non arrivando a quel livello, gli effetti speciali, fanno il loro porco lavoro e lo fanno bene, ce ne sono tanti, non sono stucchevoli e nemmeno ingombranti o ridondanti come in troiai come Star Wars (episodi 1, 2 e 3) e Transformers (che solo a scriverlo il titolo mi viene un crampo alla mano… cosa curiosa perché il film è stato scritto dai due terzi della triade Abrams-Orci-Kurtzman, ossia Orci e Kurtzman… ma a quanto pare quello bravo è Abrams).
Lo ammetto sono un trekker di vecchia data, sono uno di quelli che non lascia passare nessuna licenza narrativa se esiste una continuity da rispettare e in questo Star Trek è perfetto, parlo delle serie che con oltre 700 episodi all’attivo e 10 film (più uno) ha realizzato una rigorosissima continuità di eventi anche quando hanno incasinato tutto con gli sconvolgimenti temporali. Dico questo perché George Lucas con il prequel di Guerre Stellari è riuscito ad inanellare una serie imbarazzante di discrepanze narrative che nemmeno se uno lo voleva fare apposta… e meno male che sono solo 6 film in totale.
Sono rimasto soddisfatto? Direi di sì, tutto è cambiato e tutto è tornato come era. Il più grande stravolgimento fatto da Abrams è stato appunto quello di far tornare Star Trek alla sua origine – e non parlo solo dei personaggi, parlo proprio dello spirito della serie. Perché sì… tutto è cambiato e la “colpa” è di quel tizio… che tutti conoscono anche senza conoscere Star Trek.
Emmisonopropriodivertito.
Live Long And Prosper
PS se qualcuno si chiede il perché del numero 47 nel titolo è perché, probabilmente, non ha mai seguito le serie di Abrams. Questo è un numero ossessivo e ricorrente in ogni creatura del buon JJ: la pagina 47 e la stanza 47 in ALIAS (senza contare le frequenze radio le longitudini e i numeri di telefono), è presente in LOST ed è presente in FRINGE… non poteva non essere presente in STAR TREK.